Fra i progetti legati alla filosofia nei licei spicca quello promosso dall’Istituto Galileo Chini di Lido di Camaiore (LU) e, nello specifico, dalla Preside Monica Biagi, dalla Vicepreside Maria Cristina Berti e dai docenti Cristiana Querci e Augusto Albizzi. Il progetto prevede un ciclo di laboratori filosofici dedicati ai ragazzi e alle ragazze delle prime.
Il format e i contenuti
I laboratori si concentrano su temi filosofici fondamentali che vengono proposti in forma generale in modo da incoraggiarne la flessibilità semantica. Quest’anno è stato affrontato il tema della conoscenza di "se stessi" come origne di ogni domanda e indagine filosofica, ma anche come identità individuale e in relazione con l'altro da sé.
Il primo passo — mi spiegano Cristiana e Augusto — è individuare una domanda di partenza. Nel caso dell’identità, la domanda chiave è stata “chi sono io?”, declinata sotto forma di altri interrogativi satelliti come, ad esempio, “conosco me stesso?”, “quanto sono in contatto con il mio essere?”, “quanto la società mi allontana dal mio essere e quanto invece mi aiuta ad esprimerlo?”. Il lavoro prevede la discussione delle domande e l’elaborazione di risposte all’interno di gruppi di massimo quindici ragazzi e ragazze guidati e stimolati dai docenti.
Il valore del dubbio
Soprattutto nella prima fase — suggerisce Cristiana — è molto importante rassicurare i ragazzi e le ragazze riguardo al valore delle domande e dei dubbi che esprimono. L’unico caposaldo da tenere a mente è quindi: “Nessuna domanda è stupida. Il dubbio è sacro”. Infatti — continua Cristiana che ha lavorato in progetti simili nelle scuole elementari — i bambini non hanno paura delle loro domande e sono spesso anche molto sfrontati. Per questo motivo godono di un’apertura privilegiata al mondo. Durante la preadolescenza si produce invece una sorta di inversione di rotta: il gusto per la domanda si inabissa, si innesca il giudizio e, ancora peggio, la totale svalutazione degli interrogativi (“la mia domanda è banale, tutto questo lavoro non serve a nulla”). Scopo dello strumento filosofico è quindi quello di riscoprire l’amore per la domanda attraverso la rivalorizzazione della comprensione. La filosofia diventa allora esigenza vitale.
Questa progressiva tendenza al giudizio costituisce uno dei motivi per cui — continua Cristiana — abbiamo deciso di lavorare con le prime. A quell’età infatti questa tendenza è ancora reversibile. Per poterli riancorare alla domanda e al dubbio è inoltre molto importante che si sentano al sicuro. È quindi essenziale che i docenti siano loro alleati e che cerchino di capire quali siano le domande rilevanti. Dobbiamo — suggerisce Cristiana — impersonificare i loro dubbi. Il fatto che i laboratori non prevedano un voto aiuta inoltre ragazzi e ragazze a percepire a sentirsi al sicuro.
Utilità curricolare
Lo scopo principale dei laboratori è quindi legato allo sviluppo personale di ragazzi e ragazze in un contesto sociale delicato come quello scolastico. Tuttavia — sottolinea Augusto — la dimensione dialogica introdotta attraverso il metodo filosofico ha l’ulteriore effetto di familiarizzare i nostri allievi ad un lessico più complesso di quello quotidiano e incoraggia l’abitudine a non dare niente per scontato.
I laboratori incentivano quindi un approccio trasversale che ha la duplice funzione di preparare gli allievi al programma curricolare di filosofia che verrà affrontato a partire dal terzo anno, ma che aiuta anche ad acquisire gli strumenti utili ad affrontare tutte le altre materie di studio. Quest’approccio trasversale è basato soprattutto — dice Cristiana — sul legame fra sentire e sapere, inscindibili nell’esperienza ma scindibili logicamente.
Alcune difficoltà
Quando chiedo a Cristiana e Augusto quali sono le difficoltà che hanno incontrato, sembrano pensarci a fondo. Cristiana segnala il fatto che i ragazzi e le ragazze hanno il bisogno di raccontare fatti ed emozioni molto personali. Questo può rappresentare un ostacolo nella misura in cui la discussione, se non adeguatamente supportata, rischia di diventare personalistica. Noi docenti — dice Cristiana — dobbiamo stare attenti ad arginare il problema senza però inibire ragazzi e ragazze e riportarli quindi su un percorso di significati coerenti e condivisibili.
Augusto sottolinea invece alcune difficoltà legate alla scarsa abitudine al confronto. Queste difficoltà — sottolinea subito dopo — vengono superate dal clima di condivisione creato dall’interazione laboratoriale ma anche attraverso la progressiva familiarizzazione con lo strumento dialettico.
Il futuro dei laboratori
Per il momento, i laboratori sono stati esteti a sei prime di Scienze umane sfruttando le cosiddette “ore di potenziamento”, ore extra-curricolari a adesione volontaria. Dato il grandissimo successo riscontrato (da novembre, hanno aderito più di ottanta ragazzi, ovvero due terzi di ogni prima), l’idea è quella di rendere il progetto curricolare.