Rubrica: Che cos'è...?

Che cosa sono i fatti perspettivali?

Secondo molti, per descrivere il mondo in maniera completa ed accurata occorre prescindere da qualsiasi particolare prospettiva su di esso. Ma se il mondo comprende fatti perspettivali, è vero esattamente il contrario.

    Spesso – tanto in filosofia quanto nel pensiero comune – descrivere qualcosa come un ‘fatto’ significa ritenerlo un dato perfettamente ‘oggettivo’, ‘neutro’ ed ‘imparziale’. Il mondo – scrive Wittgenstein nel Tractatus – non è altro che la totalità dei fatti. Perciò, secondo questa concezione, per lo più implicita, dei fatti, chiunque volesse fornire una descrizione esaustiva del mondo potrebbe (e forse addirittura dovrebbe) limitarsi a menzionare quegli aspetti di esso su cui qualsiasi osservatore sufficientemente intelligente e ben informato potrebbe, almeno in linea di principio, trovarsi d’accordo, indipendentemente dai suoi gusti e dalle sue inclinazioni, o dall’ora e dal luogo in cui è stata richiesta la sua opinione. Se i fatti sono ‘oggettivi’, ‘neutri’, ‘imparziali’, anche il mondo è qualcosa di ‘oggettivo’, ‘neutro’, ‘imparziale’.

    La nozione di ‘fatto perspettivale’ – emersa, in anni recenti, in alcuni dibattiti di metafisica e filosofia della mente analitiche – mette in discussione questa concezione oggettivista. I fatti perspettivali sono fatti che ‘incorporano’ – e quindi, per così dire, privilegiano – una particolare prospettiva sulle cose, a scapito di altre prospettive alternative ad essa. Di conseguenza, chi ritiene vi siano fatti perspettivali pensa che qualsiasi descrizione puramente oggettiva della realtà sia necessariamente incompleta. Se vi sono fatti perspettivali, il mondo dev’essere, esso stesso, intrinsecamente perspettivale.

    Ma cosa sarebbero questi ‘fatti perspettivali’, e quali ragioni abbiamo per ritenere che vi siano fatti di questo genere?

     

    1. Enunciati perspettivali, contenuti perspettivali, fatti perspettivali

    Per capire cosa si intenda per ‘fatto perspettivale’, può essere utile partire da una nozione più neutra, quella di ‘rappresentazione perspettivale’. Possiamo pensare a una rappresentazione come a un oggetto dotato di un certo contenuto rappresentazionale. Per esempio, l’enunciato ‘I cigni sono bianchi’ è una rappresentazione (linguistica) il cui contenuto è che i cigni sono bianchi. Analogamente, una mappa di Milano è una rappresentazione (grafica) il cui contenuto è che Milano comprende certi edifici e certe strade, disposti in una certa maniera gli uni rispetto alle altre. Una rappresentazione può essere descritta come ‘corretta’ o ‘scorretta’ a seconda che il suo contenuto rappresentazionale sia vero o falso. Un enunciato vero o una mappa fedele di una città sono esempi di rappresentazioni corrette.

    Una rappresentazione perspettivale è una rappresentazione che può essere considerata corretta in relazione a una certa prospettiva e scorretta in relazione ad un’altra. Per esempio, supponiamo che io affermi ‘La poltrona è a destra del divano’. Questo enunciato può essere considerato corretto in relazione alla mia prospettiva e scorretto in relazione alla prospettiva del mio interlocutore. Si tratta dunque di una rappresentazione (linguistica) di tipo perspettivale. Oppure, per prendere un esempio più controverso ed interessante, supponiamo Luigi dica ‘Il sushi è buono’. Anche in questo caso, potremmo parlare di una rappresentazione corretta in relazione ai gusti di Luigi, ma scorretta in relazione ai gusti di Maria. Se adoperiamo la nozione di ‘prospettiva’ in senso sufficientemente lato, avremo quindi un altro esempio di rappresentazione perspettivale.

    Quando una certa rappresentazione viene ritenuta perspettivale nel senso appena illustrato, vi sono varie maniere di rendere conto della sua perspettivalità. Un tipo di approccio è quello contestualista, secondo il quale la ragione per la quale la rappresentazione in questione è corretta in relazione ad alcune prospettive e scorretta in relazione ad altre è che il suo contenuto rappresentazionale varia da una prospettiva all’altra. Per esempio, se applichiamo l’approccio contestualista all’enunciato ‘Il sushi è buono’, diremo che questo enunciato è corretto in relazione alla prospettiva di Luigi e scorretto in relazione alla prospettiva di Maria perché esprime contenuti rappresentazionali diversi in relazione alle due prospettive. In relazione a Luigi, il contenuto espresso dall’enunciato è che il sushi è buono secondo i gusti di Luigi. In relazione a Maria, il contenuto è invece che il sushi è buono secondo i gusti di Maria. Se i gusti di Maria sono diversi dai gusti di Luigi, ne conseguirà che l’enunciato ha contenuti rappresentazionali diversi in relazione a Luigi e in relazione a Maria, e dunque può essere vero in un caso e falso nell’altro.

    Un altro tipo di approccio alla perspettivalità è quello relativista. Secondo l’approccio relativista, una rappresentazione perspettivale è corretta in relazione ad alcune prospettive e scorretta in relazione ad altre, non perché esprima contenuti rappresentazionali diversi in relazione a diverse prospettive, ma piuttosto perché esprime un unico contenuto rappresentazionale, il quale è, a sua volta, vero in relazione a certe prospettive e falso in relazione ad altre. Secondo il relativista, quando Luigi afferma ‘Il sushi è buono’, il contenuto espresso da questo enunciato non è che il sushi è buono secondo i gusti di Luigi ma, semplicemente, che il sushi è buono. Di per sé, questo contenuto non è né vero né falso – al massimo possiamo dire che è vero per alcuni (come Luigi) e falso per altri (come Maria). In un certo senso, quindi, il relativista ritiene che al contenuto degli enunciati perspettivali non corrisponda alcun genere di ‘fatto’. Ciò marca una differenza fondamentale rispetto al contestualista, per il quale tali enunciati esprimono pur sempre un contenuto oggettivo – e quindi un ‘fatto’ – riguardante, ad esempio, i gusti o le inclinazioni del parlante.

    Veniamo ora ai fatti perspettivali. Chi crede in questo genere di fatti è interessato a fornire una spiegazione della perspettivalità diversa tanto da quella contestualista che da quella relativista. A differenza del contestualista, il difensore dei fatti perspettivali si trova d’accordo col relativista nel dire che alcune rappresentazioni perspettivali hanno un contenuto che è, esso stesso, vero in relazione ad alcune prospettive e falso in relazione ad altre (per esempio, il contenuto che il sushi è buono). Ma, a differenza del relativista, il difensore dei fatti perspettivali dirà che la natura perspettivale di tale contenuto non pregiudica la possibilità che esso corrisponda ad un ‘fatto’. Potremmo dire, quindi, che il difensore dei fatti perspettivali si colloca al crocevia di contestualismo e relativismo: egli mette assieme l’idea relativista che vi sono contenuti rappresentazionali di tipo perspettivale – ossia capaci di essere veri in relazione ad alcune prospettive e falsi in relazioni ad altre – con l’idea contestualista che il contenuto degli enunciati perspettivali è pienamente fattuale. Cerchiamo di capire meglio se e come questa combinazione di assunti sia sostenibile.

     

    2. Tipi di fatti perspettivali

    Di primo acchito, l’idea di combinare fattualità e perspettivalità potrebbe apparire contraddittoria. Come dicevamo all’inizio, molti sono portati a credere che i fatti siano, per loro stessa natura, ‘oggettivi’, ‘neutri’ ed ‘imparziali’, ed è chiaro che, se così fosse, nessun contenuto perspettivale potrebbe corrispondere a un fatto e nessun fatto potrebbe avere un contenuto perspettivale.

    In realtà, tuttavia, non è chiaro che ai fatti – così come essi vengono ordinariamente concepiti – siano richieste ‘oggettività’, ‘neutralità’ e ‘imparzialità’ rispetto ad ogni prospettiva qualsivoglia. Per esempio, consideriamo l’enunciato ‘Il presidente degli Stati Uniti è Joe Biden’. Intuitivamente, il contenuto rappresentazionale di questo enunciato corrisponde ad un fatto quantomai preciso e reale – ossia, che Joe Biden (e non, ad esempio, Donald Trump) ricopre il ruolo di presidente degli Stati Uniti. Allo stesso tempo, si potrebbe però dire che questo contenuto abbia un carattere perspettivale, perché mentre è attualmente vero che il presidente degli Stati Uniti è Joe Biden, ciò non era vero due anni fa e non sarà più vero tra cento anni – dunque il contenuto è vero in relazione ad alcuni istanti di tempo e falso in relazione ad altri. Analogamente, si consideri l’enunciato ‘Gli asini che volano non esistono’. Anche in questo caso, il contenuto rappresentazionale dell’enunciato è un fatto – ossia, che non ci sono asini volanti. Allo stesso tempo, si potrebbe dire che l’enunciato ha un chiaro carattere perspettivale, perché il suo contenuto è vero in relazione a quello che i filosofi chiamerebbero il ‘mondo attuale’ ma falso in relazione a molti ‘mondi alternativi’ (o ‘mondi possibili’) nei quali esistono asini volanti.

    Questi due esempi sembrerebbero dimostrare che, nella nostra concezione intuitiva e pre-teoretica della realtà, trovano già posto almeno due tipi di fatti perspettivali. In primo luogo, la nostra concezione intuitiva e pre-teoretica della realtà contempla l’esistenza di fatti temporanei – ossia fatti che non si danno in maniera eterna e immutabile (per esempio, il fatto che Joe Biden è presidente degli Stati Uniti). In secondo luogo, la nostra concezione intuitiva e pre-teoretica della realtà contempla l’esistenza di fatti contingenti – ossia fatti che non si danno in maniera necessaria e incontrovertibile (per esempio, il fatto che non esistono asini volanti). Sia i fatti temporanei che i fatti contingenti non sono assolutamente ‘oggettivi’, ‘neutri’ ed ‘imparziali’. I fatti temporanei ‘incorporano’ la prospettiva del tempo presente, a scapito delle prospettive dei tempi passati o futuri. I fatti contingenti ‘incorporano’ la prospettiva del mondo attuale, a scapito delle prospettive di altri mondi possibili.

    Naturalmente, non tutti i filosofi concordano con questa analisi. Alcuni (seguendo l’illustre esempio di Spinoza) negano che vi siano fatti contingenti. Altri (adottando quella che McTaggart chiamava ‘teoria-B’ del tempo) negano che vi siano fatti temporanei. Tipicamente, chi difende queste posizioni ritiene che a enunciati come ‘Joe Biden è presidente degli Stati Uniti’ e ‘Gli asini che volano non esistono’ possa essere plausibilmente applicato un approccio di tipo contestualista o relativista. Anche ammettendo che questo sia vero, resta però un punto fondamentale – ossia che l’esistenza di fatti temporanei e contingenti, per quanto controversa, è perlomeno un’ipotesi coerente ed intellegibile.

    È esattamente su questo punto che fanno leva i difensori dei fatti perspettivali. Essi sostengono che, esattamente come è possibile (se non addirittura plausibile o probabile) che vi siano fatti temporanei e contingenti, è altrettanto possibile vi siano vari altri tipi di fatti perspettivali – per esempio, fatti che ‘incorporano’ una particolare prospettiva individuale e soggettiva sulla realtà, a scapito di altre prospettive individuali e soggettive. Ma quali ragioni ci sono per ipotizzare che, oltre ai fatti temporanei e contingenti, vi siano anche fatti soggettivi (per dare a questi fatti perspettivali un nome che li distingua dagli altri)?

     

    3. Un argomento a favore dei fatti perspettivali

    Ritorniamo per un momento ai fatti temporanei. In un celebre articolo del 1959 intitolato “Thank goodness that’s over”, il filosofo e logico neozelandese Arthur Prior avanzava un semplice argomento, poi diventato celebre, a favore dell’esistenza di questi fatti.

    Supponiamo che lunedì pomeriggio, dalle 15 alle 17, Maria si sottoponga ad una dolorosa procedura di estrazione di un dente. Uscita dal dentista alle 17.05, Maria pensa tra sé e sé: “Grazie al cielo quella dolorosa operazione è finita” (in inglese: “Thank goodness that’s over”). Secondo Prior, il sollievo provato da Maria ha un contenuto rappresentazionale che non può essere tradotto – come avverrebbe nell’approccio contestualista – in termini ‘oggettivi’, ‘neutri’, o ‘imparziali’ rispetto al tempo. Maria è lieta del fatto che la sua dolorosa operazione è finita – ossia di qualcosa che è vero alle 17.05, ma non era (ancora) vero alle 16.45. Non possiamo ipotizzare – dice Prior – che il sollievo di Maria sia rivolto al fatto che la sua dolorosa operazione termina alle 17, perché quest’ultimo è un fatto (eterno, invece che temporaneo) di cui Maria avrebbe potuto essere a conoscenza ancora prima di entrare dal dentista, quando il suo stato d’animo era – si può supporre – di paura e non di sollievo.

    L’argomento di Prior è rivolto principalmente contro l’approccio contestualista. Ma va detto che, una volta sgomberato il campo da questo tipo di approccio, l’esistenza dei fatti temporanei sembrerebbe una conclusione relativamente a portata di mano. Il sollievo di Maria è rivolto precisamente al fatto che la sua dolorosa operazione è finita – è così che Maria spiegherebbe il suo sollievo, se le venisse chiesto di farlo. Perciò un approccio relativista secondo cui il contenuto del sollievo di Maria non è né vero né falso (e quindi non è di tipo ‘fattuale’) appare quantomeno controintuitivo.

    Ovviamente, l’argomento di Prior rimane controverso. Molti ritengono sia possibile fornire un’analisi contestualista o relativista di stati psicologici come il sollievo di Maria nell’esempio appena discusso. Tuttavia, è interessante notare che, nella misura in cui riteniamo l’argomento di Prior valido e convincente, potremmo facilmente costruirne uno molto simile a favore dell’esistenza dei fatti soggettivi. Supponiamo che, avendo saputo dell’operazione di Maria, a Luigi capiti di pensare tra sé e sé (piuttosto egoisticamente): “Grazie al cielo è capitato a qualcun altro”. Anche in questo caso, si potrebbe argomentare (prendendo ispirazione da Prior) che il sollievo di Luigi ha un contenuto rappresentazionale che non può essere tradotto in termini ‘oggettivi’, ‘neutri’, o ‘imparziali’ rispetto alle varie prospettive individuali. Luigi è lieto del fatto che la dolorosa operazione subita da Maria è capitata a qualcun altro – e questo fatto (se è tale) non può essere ridotto o assimilato a nessun fatto oggettivo o ‘impersonale’ del quale anche Maria (nella sua sventura) avrebbe potuto rallegrarsi.

    Riassumendo, dunque, non solo l’esistenza di fatti perspettivali sembra essere un’ipotesi coerente ed intellegibile, ma si può dire che alcuni tradizionali argomenti a favore dell’esistenza dei più ‘familiari’ tra i fatti perspettivali – ossia, i fatti temporanei – incoraggino a credere, con altrettanta giustificazione, nell’esistenza di fatti soggettivi.

     

    4. Per approfondire

    Un ottimo punto di partenza per riflettere sulla relazione tra oggettività e soggettività è il libro di Thomas Nagel The View from Nowhere (tradotto in italiano da Mimesis edizioni, col titolo Lo Sguardo da Nessun Luogo). Altrettanto interessante, ma di più difficile lettura, è Points of View di Adrian W. Moore (Oxford University Press 1990). L’articolo di Arthur Prior “Thank Goodness That’s Over” è apparso sulla rivista Philosophy nel gennaio 1959. Il libro di Caspar Hare On Myself, and Other Less Important Subjects (Princeton University Press 2009) offre una brillante difesa dei fatti soggettivi. Tra i filosofi analitici contemporanei che si sono più interessati all’idea che esistano contenuti e fatti perspettivali possono essere citati Iris Einheuser, Kit Fine, François Recanati e Carol Rovane.