Prendo un po’ di tempo per parlarvi del mio incontro con la filosofia. È buffo, ma penso che sia avvenuto molto molto presto. Ero alle elementari e stavo passeggiando con mia madre a Viareggio quando d’un tratto una domanda mi salta in testa: “Come faccio ad essere sicura che io sono davvero io?” Beh, certo, forse la domanda non era formulata esattamente in questo modo. Però, insomma, il problema era chiaro, ed era un problema filosofico di identità con spiccata valenza epistemica. Provai a parlarne con mia madre che però non mi prese troppo sul serio e continuò a parlare di altre cose. “Adesso passiamo a ritirare il vestito, poi compriamo il pangrattato che stasera mangiamo la carne fritta”.
Il dubbio continuò ad accompagnarmi. Era sempre lì dove ero io. Saliva con me sul bus per andare a scuola, lo percepivo stretto a me quando guardavo fuori dal finestrino. Sono io che guardo fuori dal finestrino? E se fosse qualcun’altro? Il dubbio diventava ancora più forte quando mi facevo sgridare perché non avevo fatto i compiti. Come può la Maestra essere sicura che sia proprio io a non averli fatti, i compiti? Dopo un po’ di tempo, il dubbio era tanto presente da diventare un tarlo, un’ossessione. Era talmente tanto presente che era diventato me. Sempre che ci fosse ancora un me. E comunque, anche se ci fosse stato, come avrei potuto saperlo? Come avrei potuto esserne certa, io?
Ero timida, ma ne parlai con tutti. Perché avevo paura, molta paura. Ne parlai prima a mio cugino, mio coetaneo, poi ai miei amici e, addirittura, agli amici dei miei genitori. Nessuno sembrava prendermi sul serio. Alcuni ridevano, altri storcevano il naso come a cercare un appiglio, un’immagine che facilitasse la comprensione. Altri ancora ripetevano fra sé e sé parti dei miei discorsi strambi.
Come ogni storia questa ha un epilogo, una fine. Ebbene, sempre passeggiando a Viareggio con mia madre d’un tratto mi resi conto che, sì, c’è un modo per sapere che io sono proprio io. Ed è molto semplice. Io sono proprio io perché mi sta succedendo questo. Perché sono dentro a questo delirio, perché sento che non so se sento, perché penso che non sono sicura di pensare, di esistere, di essere.
Insomma, l’epilogo cartesiano di una bambina.
Ecco il mio incontro con la filosofia.