Apollineo e dionisiaco nella ginnastica ritmica

    In questo breve articolo consideriamo da una prospettiva filosofica la ginnastica ritmica, interpretandola mediante i concetti di apollineo e dionisiaco formulati da Friedrich Nietzsche nell’opera La nascita della tragedia (1872). La disciplina in questione, infatti, coniugando i movimenti armoniosi nello spazio e tramite la musica che si dipana nel tempo, risulta un’ottima sintesi di quanto sostenuto dal filosofo tedesco.

    Secondo Nietzsche l’apollineo rappresenta l’ordine, la razionalità, la compostezza e la forma. Questo impulso prende il nome dal dio greco Apollo e, nell’ambito della ginnastica ritmica, si manifesta nella precisione dei movimenti, oltre che nell’equilibrio e nella simmetria delle coreografie.

    Il dionisiaco, invece, si ispira al dio Dioniso e simboleggia l’istinto, il godimento, l’inquietudine, l’ebbrezza e la passionalità travolgente. Questo principio trova, per esempio, la sua applicazione nella passione e nell’intensità emotiva delle ginnaste che si lasciano trasportare dalla musica.

    Nietzsche considera questi due elementi come opposti, ma al contempo complementari in quanto entrambi sono necessarie per l’arte e la vita. Quindi, essi devono essere presenti contemporaneamente e soprattutto risultare bilanciati ed equilibrati; nessuno dei due deve predominare sull’altro. Nel corso della storia, Nietzsche rivela che lo spirito apollineo ha soffocato l’espandersi di quello dionisiaco, provocando una svalutazione nella tragedia e della poesia.

    Un’ottima performance ginnica sarà caratterizzata a livello estetico, dunque, da un perfetto bilanciamento tra arte e musica, tra tecnica impeccabile (artistico-spaziale) nel maneggiare fune, cerchio, palla e clavette, ed espressività (musicale-temporale).

    La danza, simile per certi versi alla ginnastica ritmica e a quella artistica, viene classificata come scienza poietica per Aristotele e successivamente ripresa dal filosofo novecentesco Paul Valéry (1871-1945) nell’opera L’anima e la danza, poiché capace di unire, a suo avviso, lo spazio e il tempo (ossia le due forme a priori della sensibilità umana secondo Kant): chi balla, infatti, è in grado di rappresentare metaforicamente l’idea o il pensiero nel suo svolgersi, rende visibile l’istante, trascendendo il linguaggio. La danza, quindi, appare come una sorta di azione pensante che crea un proprio spazio-tempo, aprendo una porta sull’eterno siccome manifesta la costante tensione dell’individuo verso l’Assoluto. In questo modo si realizza la perfetta fusione tra spazialità e plasticità del corpo e temporalità dell’anima.