Rubrica : Che cos'è...?

Che cos’è la filosofia della biologia?

L’affermazione del termine è probabilmente conseguenza di un articolo di David Hull del 1969: “What philosophy of biology is not” [...]. Hull lanciava un appello ai filosofi interessati alle scienze biologiche esortandoli a interagire con i biologi, studiando da vicino la loro pratica scientifica concreta.

 

 

    1. Introduzione

    Con l’espressione “filosofia della biologia” si fa in generale riferimento a una branca della filosofia della scienza che si costituisce in maniera sistematica intorno al 1970 e che si sviluppa nel contesto della filosofia anglosassone. La nascita dell’espressione è tuttavia più antica. È il filosofo inglese William Whewell ad introdurla nel 1840 – insieme al termine “filosofia della scienza” – nell’opera Philosophy of the Inductive Sciences. La designazione “biologia”, piuttosto rara all’epoca, viene usata dal filosofo inglese a partire dal 1840 per identificare un insieme di discipline che si interessano al mondo vivente (botanica, zoologia, fisiologia, anatomia comparata, paleontologia). Per Whewell, la filosofia della biologia consiste in un esame critico delle “idee fondamentali” implicate dalla scienza del vivente. Nella sua critica alla filosofia empirista, di ispirazione neokantiana, Whewell considera che le idee fondamentali siano costituite dalla mente, in maniera indipendente dell’esperienza. Queste idee presentano tuttavia delle differenze rispetto alle categorie kantiane, in quanto si dispiegano nello sviluppo storico delle specifiche discipline scientifiche (ad esempio l’idea di polarità nelle scienze chimiche e l’idea di causa finale nelle scienze biologiche). Se questa proposta di Whewell si situa nell’ambito della sua particolare prospettiva neokantiana, è già presente la caratterizzazione della filosofia della biologia come studio di aspetti concettuali relativi alle scienze del vivente.

    Dopo l’introduzione del termine da parte del filosofo inglese, l’espressione “filosofia della biologia” sarà ripresa solo occasionalmente da autori anglofoni, rimanendo poco usata fino alla fine degli anni sessanta. Nel frattempo, sono utilizzati altri termini per designare diversi tipi di riflessione filosofica sulle scienze biologiche, come “filosofia biologica” (utilizzato già da Auguste Comte, e successivamente da autori come Kurt Goldstein, Georges Canguilhem, Marjorie Grene e Hans Jonas) e “filosofia delle scienze della vita” o “epistemologia delle scienze della vita” (utilizzate più comunemente nel continente europeo).[1]

    Per rispondere alla domanda “che cos’è la filosofia della biologia?”, cominceremo con il caratterizzare storicamente la costituzione della disciplina nel contesto della filosofia analitica (sezione 2), per poi fornire alcuni esempi di problemi trattati da questa disciplina (sezione 3). Faremo infine brevemente cenno alle differenze tra filosofia (analitica) della biologia e tradizioni filosofiche che si sono interessate alla biologia con uno “stile” diverso, spesso raggruppate sotto la designazione “epistemologia delle scienze della vita” (sezione 4).

    1. Costituzione della filosofia della biologia nel contesto analitico

    È negli anni settanta che l’espressione “filosofia della biologia” si afferma nel contesto anglofono identificando una nuova disciplina, consacrata all’esame critico delle dimensioni concettuali, metodologiche e teoriche delle scienze della vita.[2] L’affermazione del termine è probabilmente conseguenza di un articolo di David Hull del 1969: “What philosophy of biology is not” (“Ciò che non è la filosofia della biologia[3]). Il giovane filosofo statunitense protestava polemicamente contro il trattamento riservato alle scienze biologiche dall’approccio neopositivista. In particolare, sosteneva la necessità di una riflessione filosofica specifica alle scienze biologiche e si schierava contro l’idea di poter ridurre questa riflessione alle analisi della filosofia generale della scienza, ambito che fino ad allora considerava la fisica come modello di riferimento.

    Hull lanciava inoltre un appello ai filosofi interessati alle scienze biologiche esortandoli a interagire con i biologi, studiando da vicino la loro pratica scientifica concreta. Si può dire che quest’appello di Hull si sarebbe rivelato efficace – già altre figure accademiche in quegli anni (ad esempio Marjorie Grene e Micheal Ruse) lavoravano in quella direzione[4]. Dopo la pubblicazione di Hull, l’espressione “filosofia della biologia” fu adottata nel giro di poco tempo nel contesto anglofono.[5] La disciplina iniziò così progressivamente a costituirsi anche dal punto di vista istituzionale, innanzitutto con la creazione della rivista specializzata Biology and Philosophy (creata nel 1986 su iniziativa di Micheal Ruse), e a seguire di altre riviste.[6]

    Secondo Jean Gayon, due aspetti caratterizzano lo sviluppo di questa giovane disciplina nel contesto della filosofia analitica. In primo luogo, si può dire che la nascita della filosofia della biologia è uno dei principali esempi della cosiddetta “svolta regionalista” della filosofia della scienza: attorno agli anni settanta inizia ad apparire chiaramente la fecondità di una riflessione filosofica specifica alle differenti discipline scientifiche, piuttosto che relativa alla “scienza” in generale. In secondo luogo, la filosofia della biologia si è focalizzata sullo studio di concetti e teorie, lasciando tendenzialmente da parte la storia della disciplina. Figure prominenti come Micheal Ruse e David Hull, pur avendo contribuito a ricerche in storia della biologia, hanno portato avanti uno stile di ricerca in cui la riflessione concettuale è scissa da quella storica.[7]

    1. Problemi della filosofia della biologia

    La biologia include un insieme diversificato di discipline. Una lista non esaustiva include la biologia evolutiva, la paleontologia, l’ecologia, la biologia molecolare, la biologia dello sviluppo, la microbiologia, l’etologia e le neuroscienze. Queste discipline presentano degli oggetti di studio e delle metodologie specifiche, dove in proporzioni diverse può prevalere l’aspetto storico (come nella paleontologia) o l’aspetto sperimentale (come nella biologia molecolare). È rilevante notare che la medicina, pur rientrando nelle scienze del vivente in senso lato, nel contesto anglosassone è tradizionalmente esclusa dall’ambito disciplinare della filosofia della biologia.

    Quali sono dunque i problemi a cui si interessa la filosofia della biologia? [8] In primo luogo, questa disciplina si interessa a problemi di ordine concettuale. Schematicamente si può dire che questi possono essere raggruppati in due categorie: a) specifici a discipline particolari; b) riguardanti più in generale l’insieme delle scienze biologiche. Oltre a questi problemi di ordine teorico, i filosofi della biologia si sono interessati a una terza categoria di problemi, riguardante le relazioni tra biologia e società.

    Problemi concettuali “specifici” - Inizialmente, la riflessione sulla biologia evolutiva è stato l’asse di sviluppo principale della filosofia della biologia. In questo contesto, ci si è interrogati su alcune questioni teoriche fondamentali nella teoria evolutiva a partire da Charles Darwin, relative ai concetti di selezione naturale, di adattamento e di fitness. A che livello situare le “unità di selezione”: gene, organismo, gruppo di organismi, specie? Quali sono le relazioni tra la selezione naturale e le altre forze evolutive, ad esempio la deriva genetica? C’è qualcosa di circolare o tautologico nell’idea di sopravvivenza del più adatto (survival of the fittest)? Cosa si intende per adattamento e che importanza va attribuita a questo fenomeno nella teoria evolutiva? C’è un senso in cui si può dire che la selezione naturale implichi un progresso organico?

    Altri problemi classici in filosofia della biologia riguardano il concetto di gene e quello di specie. Il concetto di gene è centrale in biologia molecolare così come in biologia evolutiva. Ma è possibile dare una definizione generale e non equivoca di questo concetto? Se sembra difficile rispondere in maniera affermativa a questa domanda, è legittimo interrogarsi sulle diverse definizioni di gene e sul perché questo termine rimanga utilizzato nonostante la sua ambiguità. Per quanto riguarda il concetto di “specie”, la questione può essere affrontata da un punto di vista ontologico (le specie sono “individui” o “generi naturali”?) e dal punto di vista epistemologico (che criterio permette di affermare che A e B sono specie diverse?). In relazione alla questione della classificazione degli organismi, altri problemi specifici sorgono nell’ambito della sistematica, in particolare in relazione al metodo cladistico.

    La filosofia della biologia ha progressivamente allargato il suo spettro di interesse, interessandosi sempre di più ad ambiti specifici come la biologia dello sviluppo e l’ecologia. In biologia dello sviluppo, ad esempio, importanti dibattiti filosofici hanno riguardato il concetto di “vincoli di sviluppo”, i processi epigenetici (riguardanti la trasmissione di caratteri non codificati dal genoma), la “parità causale” tra fattori genetici e non genetici. Più recentemente, i filosofi della biologia si sono interessati all’ecologia e le riflessioni riguardanti quest’ambito disciplinare hanno cominciato rapidamente a proliferare. Tra i problemi affrontati dalla filosofia dell’ecologia, possiamo citare quelli relativi al concetto di ecosistema, di biodiversità e di stabilità ecologica.

    Problemi concettuali “generali” - Vi sono poi, nell’ambito della filosofia della biologia, delle questioni concettuali che potremmo definire più “generali”, per distinguerle da quelle più specifiche alle diverse discipline biologiche. Una di queste questioni riguarda l’esistenza delle leggi in biologia. È possibile affermare che esistono leggi di natura in biologia, nel senso di enunciati dalla portata universale illimitata? Il dibattito è stato avviato nel 1963 dal filosofo John Jamieson Carswell Smart, che ha avanzato la tesi secondo cui non esistono leggi in biologia: le generalizzazioni biologiche sono “accidentali”, essendo relative a una ristretta porzione della storia dell’universo corrispondente alla vita sul pianeta Terra.[9] 

    Il concetto di funzione è al centro di un importante dibattito in filosofia della biologia: i problemi legati a questo concetto fanno riferimento alla questione generale della finalità, pur senza esaurirsi ad essa. Il dibattito contemporaneo si interroga principalmente su cosa significhi attribuire una funzione a un tratto biologico (ad esempio il cuore o l’emoglobina) e come le attribuzioni funzionali siano legate alle spiegazioni in biologia. In effetti, il linguaggio funzionale sembra sovvertire il ragionamento causale ordinario. Se un fisico o un chimico non direbbero mai che la funzione degli orbitali di un atomo è permettere il legame covalente, come giustificare in biologia un’affermazione del tipo “la funzione del cuore è di pompare il sangue”? Il dibattito, ancora oggi acceso, si è strutturato attorno agli articoli fondatori di Larry Wright (1973) e Robert Cummins (1975).[10]

    Tra le altre questioni concettuali “generali” affrontate dalla filosofia della biologia, possiamo ancora citare: la definizione di vivente, la questione del riduzionismo, il ruolo dei modelli, il problema della spiegazione nelle scienze biologiche e i dibattiti sui concetti di meccanismo, caso e informazione biologica.

    Problemi riguardanti le relazioni tra biologia e società - La filosofia della biologia si è altresì interessata a chiarire alcuni dibattiti in cui questioni biologiche si sono intrecciate a questioni relative alla società. Ad esempio, i filosofi della biologia sono intervenuti nel dibattito che ha opposto la teoria evolutiva da un lato e i sostenitori dell’Intelligent Design dall’altro.[11] Un'altra fronte di accesa discussione ha riguardato la questione della sociobiologia e della psicologia evolutiva. La discussione è partita nel 1975 con la pubblicazione di Sociobiology: The New Synthesis di Edward Osborne Wilson, in cui l’autore si proponeva di studiare in maniera sistematica le basi biologiche di tutti i comportamenti sociali, da quelli degli insetti a quelli dei mammiferi, incluso l’uomo. Questa proposta sembrava implicare un’idea di determinismo di alcuni comportamenti umani e ha dato origine a un aspro dibattito, in cui il paleontologo Stephen Jay Gould si è schierato risolutamente tra i principali critici della sociobiologia.[12]

    Altre questioni relative alle relazioni tra biologia e società a cui si sono interessati i filosofi della biologia includono: il determinismo genetico, l’etica evoluzionistica, l’eugenetica, il concetto di razza e l’evoluzione culturale.

    1. “Filosofia della biologia” e “epistemologia delle scienze della vita”

    Come si è detto, in ambito anglosassone la filosofia della biologia si è sviluppata come una disciplina dai contorni istituzionali ben definiti, analizzando con rigore i problemi a cui abbiamo accennato nella sezione precedente. Tuttavia, agli stessi problemi si sono interessate altre tradizioni filosofiche caratterizzate da uno stile di ricerca diverso da quello della filosofia della biologia stricto sensu. Pur non rientrando in una vera e propria disciplina – chiaramente demarcata da un punto di vista tematico e per i suoi contorni istituzionali – queste tradizioni possono essere raggruppate sotto la designazione di “epistemologia delle scienze della vita”.[13] Il termine “epistemologia” non è qui da intendersi nel senso di teoria della fondazione e dei limiti della conoscenza (senso inglese del termine “epistemology”), ma piuttosto come sinonimo di filosofia della scienza (senso attribuito generalmente a questo termine in Europa e nei paesi ispanofoni).

    Seguendo l’analisi di Jean Gayon, possiamo dire che una differenza principale tra filosofia (analitica) della biologia e l’epistemologia delle scienze della vita riguarda la relazione tra filosofia e storia della scienza. L’epistemologia delle scienze della vita favorisce un metodo storico-critico, andando così contro la tendenza generale della filosofia della biologia a scindere la riflessione concettuale dallo studio della storia della disciplina. Si può aggiungere che quest’approccio presenta una tendenza alla specializzazione meno marcata rispetto alla filosofia della biologia analitica, ad esempio considerando feconda una riflessione che includa allo stesso tempo la medicina e le scienze biologiche. Un esempio paradigmatico di questo approccio è rappresentato da Georges Canguilhem, che a partire dal secondo dopoguerra è stato una delle figure più influenti della filosofia della scienza francese. Non è del tutto scorretto affermare che la differenza tra i due “stili” di riflessione filosofica corrisponda a una differenza geografica (stile americano vs. stile europeo). In effetti, per quanto riguarda il contesto filosofico italiano, si può dire che la tendenza sia stata quella di praticare l’approccio dell’epistemologia delle scienze della vita.[14]

    Per concludere vorremmo sottolineare - in un contesto di crescente professionalizzazione e specializzazione delle conoscenze - l’importanza dell’interdisciplinarietà nella riflessione filosofica sulle scienze della vita. È infatti qui che ci sembra risiedere il valore principale degli studi sulla scienza in termini di “conoscenza, educazione e comunicazione sociale”[15]. Ci sembra dunque auspicabile che la riflessione filosofica sulle scienze del vivente possa coniugare l’esigenza di rigore concettuale della filosofia della biologia con l’apertura interdisciplinare che caratterizza l’epistemologia delle scienze della vita.

     

     

    [1] Si veda Jean Gayon, “Philosophy of Biology: An Historico-critical Characterization” in French studies in the philosophy of science. Contemporary research in France, eds. A Brenner e J. Gayon, Springer, 2009. La presente voce fa riferimento in larga parte a questo testo, così come al capitolo “Philosophie de la biologie” in Jean Gayon e Victor Petit, La connaissance de la vie aujourd’hui, ISTE Editions, 2018.

    [2] Pierre-Olivier Méthot, « Introduction. Qu’est-ce que la philosophie de la biologie ? » in « Dossier : Philosophie de la biologie » Phares, Vol. 14, 2014.

    [3] David Hull, « What philosophy of biology is not » in Journal of the History of Biology 2 (1), 1969.

    [4] Pur non condividendo necessariamente l’atteggiamento ribelle di David Hull contro il riduzionismo, come nel caso di Michael Ruse.

    [5] In Europa, l’espressione filosofia della biologia si diffonde più tardi, attorno al 1990 (Jean Gayon, “Philosophy of Biology: An Historico-critical Characterization” in French studies in the philosophy of science. Contemporary research in France, eds. A Brenner e J. Gayon, Springer, 2009.)

    [6] Biological Theory, Philosophy and Practice of Biology, History and Philosophy of the Life Sciences, Studies in History and Philosophy of Biological and Biomedical Sciences.

    [7] Alcune figure accademiche fanno eccezione a questa tendenza, ad esempio quella di Marjorie Grene (parte da lei nel 1989 l’iniziativa della creazione di una società internazionale interdisciplinare, la “International Society for the History, Philosophy, and Social Studies of Biology”) e quelle di Richard Burian e Jean Gayon. Un approccio più interdisciplinare allargato alla storia è presente nelle riviste History and Philosophy of the Life Sciences e Studies in History and Philosophy of Biological and Biomedical Sciences.

    [8] Per un’idea più precisa dei diversi tipi di problemi di cui si occupa la filosofia della biologia, si veda ad esempio: Eliot Sober (ed), Conceptual Issues in Evolutionary Biology, Massachusetts Institute of Technology, 2006; David L. Hull e Micheael Ruse (ed) The Cambridge Companion to the Philosophy of Biology, Cambridge University Press, 2007; Alex Rosenberg e Daniel W. McShea, Philosophy of Biology: a contemporary introduction, Routledge, 2008. Per un’introduzione in italiano, si può consultare: Giovanni Boniolo e Stefano Giaimo (eds), Filosofia e scienze della vita. Un’analisi dei fondamenti della biologia e della biomedicina. Bruno Mondadori, 2008; Andrea Borghini e Elena Casetta, Filosofia della biologia, Carocci editore, 2013; Telmo Pievani, Introduzione alla filosofia della biologia, Laterza, 2005.

    [9] Per un’introduzione si veda Jean Gayon e Victor Petit, sezione 3.1.1 « De la loi, en physique et en biologie » in La connaissance de la vie aujourd’hui, ISTE Editions, 2018.

    [10] Larry Wright, « Functions », The philosophical review, 82 (1973), p. 139-168; R. Cummins, « Functional analysis », The Journal of Philosophy, 72 (1975), p. 741-765. Su questo tema, si può consultare il volume Les fonctions : des organismes aux artefacts, J. Gayon et A. de Ricqlès (dir.), Paris, Presses universitaires de France, 2010.

    [11] Odenbaugh, Jay e Paul Griffiths, « Philosophy of Biology », The Stanford Encyclopedia of Philosophy (Summer 2020 Edition), Edward N. Zalta (ed.), URL = <https://plato.stanford.edu/archives/sum2020/entries/biology-philosophy/>.

    [12] Si veda il capitolo 7 di Telmo Pievani “L’evoluzione del comportamento umano: sociobiologia, psicologia evoluzionista ed ecologia” in Introduzione alla filosofia della biologia, Laterza, 2005.

    [13] Jean Gayon, “Philosophy of Biology: An Historico-critical Characterization” in French studies in the philosophy of science. Contemporary research in France, eds. A Brenner e J. Gayon, Springer, 2009

    [14] Si veda ad esempio Elena Gagliasso, Verso un’epistemologia del mondo vivente, Guerini Studio, 2001. Per quanto riguarda la filosofia della biologia nel contesto italiano, si può consultare il capitolo “Filosofia della biologia” di Elena Gagliasso in La filosofia della scienza in Italia (a cura di P. Barrotta e E. Montuschi), Armando editore, 2019.

    [15] Jean Gayon, “Philosophy of Biology: An Historico-critical Characterization” (p. 211) in French studies in the philosophy of science. Contemporary research in France, eds. A Brenner e J. Gayon, Springer, 2009.